mercoledì 7 dicembre 2016

QUANTE CONNESSIONI!

La danza (Matisse 1910)
Nell’epoca digitale il termine connessione ha assunto sempre più un’accezione relativa agli ambiti tecnologici ed informatici. Salvo rare eccezioni infatti, adesso si è quasi tutti connessi on-line, in un’altra realtà virtuale, con una specifica identità costruita ad hoc ed un numero definito di persone con cui entrare in contatto, scambiandosi like, link, file, ecc.
Su quanto tutto questo stia cambiando le persone ed il loro modo di entrare in relazione con gli altri e sugli effetti che potrebbe avere sul benessere psicologico di ognuno, si potrebbe scrivere tanto. Tuttavia, l’intento di questo articolo è quello di recuperare l’accezione più antica del termine “connessione” il quale deriva dal verbo latino “cum-nectere” che significa unire insieme, intrecciare, congiungere strettamente.

Penso, ad esempio, a G. Bateson, un grande biologo e antropologo, che ipotizzava connessioni tra esseri viventi rintracciando somiglianze e differenze nella loro struttura corporea: “Quale struttura connette il granchio con l’aragosta, l’orchidea con la primula e tutti e quattro con me?” (G. Bateson, 1984); o al concetto d’ “inconscio collettivo” ideato da Jung, una sorta di memoria universale comune a tutto il genere umano che, oltrepassando l’inconscio individuale, spiegherebbe alcuni comportamenti ed il sentire dell’uomo, inteso come “specie”; o a Sant’Agostino che vedeva gli esseri viventi tutti inesorabilmente connessi, pensando ad una Divinità insita in ogni cosa, con la sua invisibile e immutabile bellezza. Si potrebbe perfino pensare alle interessanti teorie più recenti sulla meccanica quantistica, le quali ipotizzano l’esistenza di particelle ed energie invisibili in continuo movimento che aprirebbero scenari affascinanti sul microcosmo, un mondo che farebbe da sfondo alle nostre vite e relazioni e che ci vedrebbe connessi più di quanto nemmeno noi sappiamo.

Mi piace mettere accanto queste semplici idee e complesse teorie, trovarne gli accordi e le risonanze e leggerle in una chiave squisitamente psicologica. L’idea di appartenere a più ampi sistemi viventi tra loro interconnessi (dalla famiglia fino all’intero genere umano o addirittura ad altre specie animali e vegetali) conduce, ad esempio, alla consapevolezza di non essere soli nel mondo ed alla responsabilità che ciascuno ha nei confronti del proprio ambiente, da cui scaturisce anche il proprio benessere.
Con i nostri atteggiamenti e comportamenti influenziamo inevitabilmente il contesto in cui viviamo, e, in un rapporto circolare, veniamo inevitabilmente condizionati da esso.
E ancora : “Qual' è il mio contributo per migliorare o peggiorare la qualità delle mie connessioni?”.
Talvolta attiriamo relazioni o siamo attratti da contesti che riflettono il nostro stato interno e che in qualche modo “risuonano” con noi, per somiglianza o differenza. E’ difficile trovare amore se non ci sente amabili, trovare amici se non ci si sente amichevoli, trovare un buon lavoro se non ci si sente in grado di occupare quella specifica posizione professionale.

Talvolta instauriamo relazioni che stimolano il nostro potenziale ancora inespresso o che ci spingono verso una crisi che ci aiuta comunque a crescere, ma solo quando siamo veramente pronti. 
Non può avvenire alcunché in perfetta solitudine all’interno di una stanza: solo all’interno di una connessione in cui entrambe le parti giocano un ruolo determinante, si possono verificare crescita e cambiamenti.
Mi piace anche l’idea di rispolverare le vecchie modalità e gli altri luoghi attraverso cui si entra in connessione, che non siano solo la tastiera, il mouse o un click, per quanto utilissimi e ormai imprescindibili nella vita quotidiana di ognuno, ma anche e soprattutto le nostre case, le piazze, gli autobus, i teatri, ecc. E che non sia solo un like o un dislike ma anche e soprattutto uno sguardo, un saluto, un sorriso, una stretta di mano, un abbraccio.

Talvolta è bene staccare gli occhi dallo schermo, uscire dalla stanza e mettersi in gioco accettando la complessità, i rischi e la bellezza delle connessioni reali, perché siamo tutti sempre connessi, ma in tanti infiniti modi, non scordiamocelo!


Dott.ssa Stefania Attanasi



Bibliografia
Bateson G.  Mente e Natura, Introduzione. Adelphi, Milano, 1984.
Young C. Gli archetipi dell'inconscio collettivo. Borringhieri, Torino, 1977

lunedì 19 settembre 2016

OTTOBRE 2016: MESE DI BENESSERE!


Dal 1 al 31 ottobre anche quest'anno partirà il Mese del Benessere Psicologico, un'iniziativa promossa dalla Sipap per cui i cittadini potranno richiedere agli psicologi aderenti prime consulenze e seminari gratuiti!

Per info http://www.sipap.it/iniziative/mese-del-benessere-psicologico/

martedì 17 maggio 2016

“SENZA DISTRAZIONI NON C’È GIOIA, CON LE DISTRAZIONI NON C’È TRISTEZZA”: L’IMPORTANZA DI COLTIVARE UNA PASSIONE

O Pintor de Girassois (Gauguin 1888)
Con le parole hobby, passione, interesse si intendono oggi quelle attività distinte dal tempo lavorativo e legate al tempo libero, da realizzare per puro piacere e divertimento.
La parola hobby, infatti, nel suo significato etimologico è un abbreviativo del termine inglese hobby horse che in origine indicava un piccolo giocattolo di legno a forma di cavalluccio, utilizzato prevalentemente per “passatempo”.

In psicologia gli effetti benefici del dedicarsi a questo tipo di attività sono ormai ampiamente raccontati e dimostrati. Già Anna Freud più di cinquant’anni fa riteneva che gli hobbies si potessero accostare al gioco per molti aspetti: in età infantile come in età adulta entrambi aiutano ad incanalare positivamente le energie pulsionali favorendo ed ampliando lo sviluppo della personalità.
Studi più recenti hanno rilevato come coltivare un hobby che sia cucina, pittura, lettura, giardinaggio, musica, ecc. riduca i livelli di stress e contribuisca a sopportare meglio la stanchezza. Secondo un’altra ricerca americana, la presenza di un hobby nella vita di una persona la favorisce anche nella carriera, in quanto diventa più efficiente e creativa nell’affrontare problemi lavorativi e più disposta ad aiutare i colleghi.

Avere una passione, che sia funzionale e non esagerata, permette di staccare la spina, di ritrovare un po’ se stessi lontano dalla solita routine, con i propri pensieri e le proprie emozioni e, se condivisa, consente di ritrovarsi anche con gli altri in uno spazio di sana socialità, perché finalizzato alla coltivazione di un piacere comune. È come avere uno spazio protetto in cui coccolarsi, far salire il proprio umore e volersi un po’ di bene. Non dimentichiamolo!

Così scriveva anche Pascal, nei suoi Pensieri (1670):
“Per quanto un uomo sia colmo di tristezza, se si riesce a distrarlo in qualche modo, eccolo felice in quel lasso di tempo; ma per quanto un uomo sia felice, se non si diverte o non è preso da qualche passione o passatempo che impedisca alla noia di prendere il sopravvento, diventerà in breve triste e infelice. Senza distrazioni non c’è gioia; con le distrazioni non c’è tristezza”.


                                                                                     Dott.ssa Stefania Attanasi

venerdì 29 aprile 2016

INTEGRITA' E BENESSERE PSICOLOGICO

Quando una parte del corpo si ammala e una persona va dal medico, la migliore aspettativa sull’esito della cura è la “restitutio ad integrum” dell’organo malato (dal latino: restituzione integrale), intendendo con ciò la sua restituzione anatomica e funzionale alle condizioni precedenti al danno. Gli esiti di una ferita, ad esempio, sia che ci sia un intervento medico o meno, possono essere diversi: sfavorevoli o addirittura letali se la cicatrizzazione è troppo lenta, in quanto può andare incontro a cronicizzazione, favorevoli se la riparazione avviene rapidamente e senza infezione. In quest’ultimo caso i margini della lesione crescono (Whitaker, 1968) e nella funzionalità di quelle parti si ripristina gradualmente una continuità: le cellule tendono tra loro a convergere e i tessuti sottostanti si riconnettono. 

Nel mondo psichico le cose non stanno poi così diversamente: possiamo intendere infatti la condizione di salute come uno stato di integrità, continuità e armonia tra parti di sé di un individuo e la patologia come una separazione tra parti o tra una parte e un tutto più ampio che la comprende. Accade, ad esempio, che nella vita si possano trascurare, temere o far tacere parti di sè perché ritenute scomode in determinate relazioni o specifici contesti, o al contrario che si possano esaltare troppo alcune parti per esigenze situazionali, sfavorendone altre. Come una donna che oberata dal lavoro di madre trascura il suo essere moglie, un figlio che per restare accanto ai genitori evita di costruirsi una vita separata e autonoma e un uomo che dedica completamente se stesso alla professione dimenticandosi della propria sfera affettiva. 

A livello emotivo può accadere che non si ascolti più ciò che si sente veramente, che non si esprimano più i propri reali stati d’animo, che non si faccia più ciò che si vorrebbe fare. Tutto questo può creare una disarmonia nel proprio funzionamento e generare separazioni, ferite nel tessuto psichico interno, che se non curate potrebbero cronicizzarsi in un disturbo più profondo. E così come l’organo malato fa sentire la propria presenza attraverso il dolore, rompendo il silenzio caratteristico dello stato di salute, i sintomi psicologici arrivano per segnalare parti di sé doloranti, le quali, facendo rumore, segnalano la propria disfunzionalità, insieme però alla possibilità di essere curateCosì la madre oberata di lavoro, il figlio che non riesce a svincolarsi, l’uomo assorbito dalla carriera potrebbero sviluppare sintomi che, disturbandoli, sono utili in realtà a riconnettere le parti, per ristabilire tra loro armonia ed equilibrio.

Talvolta il processo dell’ammalarsi può accadere del tutto accidentalmente, avviene “un pasticcio”, come passaggio naturale e necessario che consente infatti di rimescolare le carte, di produrre cambiamenti o correggere una scelta sbagliata (Madonna; Nasti, 2015). Quando c’è disarmonia, discrepanza tra idee e parti di sé, infatti, aumentano i livelli di angoscia, ma quest’ultima porta con sé la possibilità di fermarsi e riflettere, rappresentando così un motore di cambiamento. Non può esserci esperienza di ricomposizione se non c’è prima un’esperienza di rottura, per cui in alcune circostanze ammalarsi diventa necessario per raggiungere un migliore livello di funzionamento psicologico successivo. La madre oberata dal lavoro in questo caso sarà costretta a ripensare al proprio rapporto coniugale, il figlio a rivedere la propria relazione con i genitori, l’uomo a comprendere le ragioni del suo evitamento. 

Nel processo di guarigione, le idee come le cellule inizieranno a convergere per riconnettere le parti di sé e ristabilire l’equilibrio nel funzionamento psichico interno. Nello stato di salute psicologica, la persona si sente integra, completa in tutte le sue parti; ciò che sente è congruo con ciò che dice e coerente con ciò che fa. Così la madre potrebbe ritrovare la sua parte femminile, magari separandosi dal marito; il figlio potrebbe lasciare casa, scoprendo la sua parte adulta; l’uomo in carriera potrebbe cercare una compagna, riconoscendo l’importanza della sua parte affettiva. 

Questo processo di guarigione, talvolta, può procedere spontaneamente: gli esseri viventi, infatti, per dirla con le parole di Bateson “tendono a guarire da soli, a stabilizzarsi verso una coerenza di idee e processi(Bateson, 1979). Altre volte, però, soprattutto nel caso di separazioni molteplici e profonde (Madonna, Nasti, 2015), potrebbe essere necessario un percorso di psicoterapia, che favorisca i processi riparativi e sostenga il lavoro di riconnessione delle parti.                                                                                                                                                                                              
                                                                        
                                                                                          Dott.ssa Stefania Attanasi
 


Riferimenti bibliografici


-Bateson G. (1979), Mente e Natura, Adelphi, Milano, 1984
-Madonna G., Nasti F. (2015), Della Separazione e della Riconnessione, Franco Angeli, Milano.
-Withaker C. A. (1968), “The Growing Edge”, in J. Haley and L. Hoffman (Eds.), Techinques of    Family Therapy, Basic Books, New York.

mercoledì 13 gennaio 2016

L'ERRORE GENERA APPRENDIMENTO, L'APPRENDIMENTO GENERA CAMBIAMENTO

Autobiografia del cambiamento in cinque brevi capitoli

Capitolo primo
Cammino lungo una strada.
C'è una buca profonda nel marciapiede.
Ci casco dentro.
Sono perduto,
non posso farci nulla,
non è colpa mia.
Ci metto una vita per uscirne.

Capitolo secondo
Cammino lungo la stessa strada.
C'è una buca profonda nel marciapiede.
Faccio finta che non ci sia.
Ci casco dentro.
Non posso credere di essere ancora nello stesso posto.
Ma non è colpa mia.
Mi ci vuole un sacco di tempo per uscirne.

Capitolo terzo
Cammino lungo la stessa strada.
C'è una buca profonda nel marciapiede.
La vedo benissimo.
Ci casco dentro di nuovo;
è un'abitudine.
Ma i miei occhi sono aperti:
so dove sono.
È colpa mia.
Ne esco immediatamente.

Capitolo quarto
Cammino lungo la stessa strada.
C'è una buca profonda nel marciapiede.
Ci cammino intorno.

Capitolo quinto
Me ne vado per un'altra strada.




PORTIA NELSON
There's a Hole in My Sidewalk, 1993