martedì 17 marzo 2020

Non siamo più potenti di un pipistrello


…Senza voler ricadere nell’esagerata interpretazione medievale della punizione divina (peste= flagello di Dio) è un dato di fatto che da quando siamo chiusi tutti in casa ed abbiamo interrotto la nostra irrefrenabile produttività a causa del Covid-19, dopo pochissimi giorni l'aria della Cina è meno inquinata, l'acqua dei canali di Venezia più pulita e le strade di Roma svuotate di rifiuti.


Anch’io mi sono fermata, e tra le cose belle fatte in questi giorni di isolamento, sono andata a ripescare un testo di G. Bateson, le cui parole potrebbero dare forse un senso a ciò che sta accadendo adesso al nostro pianeta:
"Le patologie dei processi sistemici insorgono proprio perché la costanza e la sopravvivenza di un qualche sistema più vasto vengono mantenute mediante cambiamenti nei sottosistemi costituenti". ("Verso un'ecologia della mente" 1972, p.390)
Con queste parole il noto biologo intende dire che quando un sistema vivente più ampio, come ad esempio l’ambiente in cui viviamo, è a rischio, la logica della natura sacrifica al cambiamento sempre i suoi sottosistemi più piccoli.  Secondo Bateson, infatti, la logica della natura è profondamente diversa e più complessa della semplice logica della sopravvivenza e dell’adattamento di una singola specie. E ancora aggiunge: “I maggiori problemi del mondo derivano proprio dalla differenza tra come funziona la natura ed il modo in cui gli esseri umani pensano.”


…Come noto a tutti, l'uomo esercita un'influenza sempre crescente sull’ecosistema in cui vive (sul clima, sulla temperatura, ecc.) con attività come la combustione di fossili, la deforestazione, l'allevamento intensivo di animali, ecc. Queste attività aggiungono enormi quantità di gas nell’atmosfera, provocando il surriscaldamento globale e da qui, a catena, lo scioglimento dei ghiacciai, l’innalzamento del livello dei mari, l’acidificazione degli oceani, la perdita di biodiversità, ecc.
Quasi certamente la natura possiede dei meccanismi interni autocorrettivi per autoproteggersi e resistere anche allo strapotere esercitato dall’uomo. Ma, in questa catena complessa di eventi in cui l’uomo costituisce solo un piccolissimo anello, chi può dire quale sia la causa e quale l’effetto di un fenomeno? In effetti nessuno è in grado ancora di conoscere le cause certe della pandemia e tante sono le speculazioni a riguardo. La percezione più diffusa però tra la gente è che il virus sia sopraggiunto come una sorta di punizione per le azioni poco etiche commesse dall’uomo sull’ambiente e sulle altre biodiversità. E’ forse troppo fantasioso pensare che questo virus sia giunto per fermare l’inarrestabile macchina umana e ristabilire certi equilibri naturali più “sacri” che l’uomo stesso osa sfidare da troppo tempo? Non siamo forse adesso costretti a ripensare al nostro modo di vivere, alle nostre abitudini, alla relazione che abbiamo con l’ambiente e con tutte le altre specie viventi? E mentre attendiamo dalla scienza una soluzione a questa pandemia, un vaccino o una cura, la stessa tecnologia non è in grado di fornire un numero sufficiente di respiratori per salvare tante vite umane. Come mai? Probabilmente nel momento in cui si producono gli strumenti o i medicinali utili, la preoccupazione dominante è quella degli introiti economici e non dell’eventuale fabbisogno.
L’irrefrenabile corsa alla produttività ed al consumismo dell’uomo porta a conseguenze importanti e gravi sull’ecosistema terreste, sulle biodiversità e sull’uomo stesso….

Questo virus sta certamente ricordando alla nostra specie l'infinita piccolezza e fragilità da cui siamo partiti nell'ambito delle biodiversità. E poichè non siamo stati in grado di stare dentro i limiti del rispetto per le altre specie che la natura ci aveva imposto, non come impedimento ma come  ulteriore possibilità di dimostrare la nostra grandezza, la natura stessa ci sta riportando alla condizione di fragilità iniziale.

Non siamo più potenti di un pipistrello, di un orso polare, di un albero, di un fiore, dell’aria che respiriamo, dell’acqua che beviamo.   


Dott.ssa Stefania Attanasi