mercoledì 4 luglio 2018

IL TRADIMENTO NELLE RELAZIONI D'AMORE


Paolo e Francesca  (Ingres 1819
Il termine tradimento deriva dal latino tradere che significa “consegnare” e fa originariamente riferimento alla consegna di Gesù in mano nemica per il volere e tradimento di Giuda. Dal punto di vista etimologico quindi la parola “tradire” evoca l’immagine del “consegnare” ad un nemico, alla morte o a qualsiasi destino infelice, una persona che ci ama e con la quale si è legati in un rapporto di fiducia.

Nella coppia il tradimento tende prevalentemente a due finalità. La prima è di tipo personale: è un estremo tentativo di recuperare quell’ eccitazione emozionale che con il partner abituale non si ha più; non riuscendo a ridimensionare le proprie aspettative connesse a questo bisogno si continua a ricercare il suo soddisfacimento per altre vie: il lavoro, i figli, lo sport, un amante, ecc. La seconda finalità, invece, riguarda il partner: un rischioso tentativo di provocarlo affinché cambi il suo comportamento e risponda a ciò che da lui ci si attende, tutto questo preservando un legame che seppur fragile è ancora valido.
Il tradimento appare pertanto come una mossa ambivalente in quanto da un lato cerca di ottenere, all’ombra di una delusione subita, un riscatto o un cambiamento attraverso fonti sostitutive di piacere e dall’altro guarda ancora nostalgicamente al vecchio legame che lentamente si sta distruggendo. Costituisce comunque una forte pressione sull’altro, un esercizio di potere che si rivela molto rischioso per il rapporto (Solfaroli 2010). Dopo un tradimento, infatti, la probabilità che una relazione continui si riduce drasticamente e qualora dovesse proseguire, la ricostruzione di un nuovo e sano equilibrio, immune da rancori e risentimenti, risulta lenta e difficoltosa.

L’esperienza del tradimento è sempre portatrice di grande sofferenza e quest’ultima sarà tanto grande quanto più sono grandi l’amore e la fiducia nutriti verso l’altro.  Amore e tradimento, però, sono sempre l’uno accanto all’altro e inestricabilmente connessi. Può esserci tradimento, infatti, solo in una relazione di fiducia, intima e profonda con qualcuno. Lo sapeva molto bene anche Gesù quando anticipò a Pietro che sarebbe stato proprio lui a tradirlo, l’apostolo che più di tutti l’aveva amato e seguito ovunque nel corso della sua vita. Proprio lui? Sì, proprio lui.  
Ma come si reagisce dinanzi a questa dolorosa esperienza? In un saggio sul tradimento, Hillman, un famoso psicoanalista statunitense (1999), suggerisce che dinanzi al tradimento due sono le scelte possibili: quella regressiva, dove la persona tradita resta fissata nel trauma e nel dolore, covando rabbia e vendetta oppure la scelta più evolutiva che è quella del perdono, il che non significa rimuovere il torto subito, tornando dal partner come se niente fosse cambiato. Significa invece possedere una mente talmente grande da riuscire a riconoscere il tradimento anche nella sua più atroce crudeltà, vedendo che purtroppo anche i più ingiusti tradimenti in questo mondo sono reali e possibili, sotto svariate forme ed in diverse relazioni (genitoriali, fraterne, amicali, ecc.) e contesti. E dinanzi ad essi provare sofferenza è sempre inevitabile.

Perdonare significa aspettare con fiducia che questo dolore passi, riuscire ad oltrepassare l’evento traumatico, in modo che la sofferenza non inquini la propria anima più di quel tempo limitato che gli è dovuto per poter sfogare. Ogni emozione segue, infatti, un movimento a curva, con un inizio, un picco, una discesa ed una fine. Anche il più atroce dolore è destinato col tempo a placarsi.
Riconoscere ed accettare la possibilità del tradimento significa crescere, maturare, essere consapevoli dei limiti della natura umana e quindi uscire dall’infantile idea di potersi abbandonare totalmente e ciecamente all’altro. E forse è anche per questo che in molte religioni il perdono assume un valore così importante, perché rappresenta quel salto evolutivo dell’anima che permette di accettare la sofferenza come parte integrante della vita. Ma con il perdono si sceglie anche di dire basta, di mettere fine al circuito del dolore, della rabbia, della violenza, non aggiungendo altra sofferenza a quella già necessaria.

Il più alto tradimento, infatti, sarebbe quello verso se stessi, quando si decide a causa delle esperienze negative di separarsi dall’amore e dalla vita, quando si sceglie di non crederci più, per non correre il rischio di essere traditi nuovamente.
Rinunciando alla rabbia ed alla vendetta, il più grande (per)dono è verso se stessi.



Dott.ssa Stefania Attanasi





Bibliografia

-Solfaroli Camillocci D. (2010), Up e down. Solitudine e potere nella coppia, FrancoAngeli.
-Hillman James (1999), Puer auternus, Adelphi, Milano.