Il giardino dell'artista a Giverny (Monet 1900) |
Ma cos’è in realtà l’autostima?
Nella
letteratura psicologica l’autostima si presenta come un costrutto molto
complesso, riguardante essenzialmente la rappresentazione mentale che ciascuno
ha di sé. Racchiude in particolare un insieme di valutazioni e giudizi, nonché
reazioni emotive, che le persone sperimentano quando osservano e pensano a se stesse. William
James, (1890) definiva l’autostima come il rapporto tra il Sé percepito di una
persona e il suo Sé ideale: il Sé percepito corrisponde al concetto di sé, alla
conoscenza di quelle abilità e competenze che un individuo pensa di possedere;
mentre il Sé ideale è l’immagine della persona che ci piacerebbe essere.
Secondo James quindi una persona sperimenterà una tanto più bassa autostima quanta più discrepanza ci
sarà tra il Sé percepito e il Sé ideale. Al contrario, più alta sarà la
soddisfazione di se stessi quanto più vicine saranno queste due immagini.
L’autostima, tuttavia, non è qualcosa che alberga e si alimenta dentro la persona, isolata dall’ambiente, come se questa fosse “una specie di sacco chiuso” e pieno di caratteristiche individuali, ma è fortemente influenzata da fattori culturali e sociali e connessa alla rete di relazioni di cui l’individuo fa parte.
Le
persone, infatti, strutturano percezioni e idee su di sé non osservandosi
dinanzi ad uno specchio, ma immerse nell’ambiente e nel contesto di relazioni
di cui fanno parte. In pratica, sin dall’infanzia, gli individui imparano a
stimarsi e giudicarsi all’interno di relazioni, osservando come vengono stimati e giudicati dagli altri. Allo stesso
modo, però, è anche vero che le persone con cui entriamo in relazione, vengono
costantemente influenzate, circolarmente, dall’immagine di noi che
trasmettiamo. Per cui bambini, ad esempio, con un forte temperamento potranno
più di altri proteggersi da relazioni familiari disfunzionali e squalificanti,
mentre bambini con un temperamento più debole saranno più facilmente
influenzabili.
Ciò,
inoltre, potrebbe spiegare perché individui adulti che abbiano raggiunto molti
successi nella vita conservino una bassa stima di sé e, in modalità vagamente
narcisistica, debbano ambire a mete sempre più elevate per star bene con se
stessi. Al contrario, persone maggiormente capaci di “accontentarsi” possono
godere di un’ elevata soddisfazione di sé.
Viene subito in mente quindi l’importanza del prendersi cura di sé, intesa come capacità di valorizzarsi, allenandosi a cercare la bellezza che alberga dentro di noi, sforzandoci di ricordare le nostre risorse e punti di forza, anche in fasi della vita in cui ciò sia risultato più difficile. Esistono momenti, infatti, in cui balzano agli occhi con più facilità i propri limiti ed è necessario uno sforzo per riconnettersi alle proprie abilità e competenze.
E’
importante, altresì, nell’ottica di un’etica della relazione, il prendersi cura
dell’altro, inteso come l’allenarsi,
talvolta compiendo uno sforzo, a ricercare la bellezza in chi ci
circonda, riconoscendo le sue specifiche risorse e competenze, anche nei
momenti in cui potrebbero apparire poco
evidenti.
Penso all’autostima come ad un orto in cui si coltivi bellezza, un orto aperto agli altri che possano aiutare a concimarlo o a inaridirlo ed al contempo quanto sia importante offrire un buon concime all’orto dei nostri vicini. Appare quasi ovvio, infatti, quanto sia più facile ottenere un buon raccolto se possediamo un terreno fertile di partenza (il temperamento, i tratti caratteriali, ecc.) ma ancor di più se siamo circondati da bravi contadini (relazioni genitoriali, coniugali, amicali, ecc.) che ci aiutino a produrre bellezza.
E
come, secondo la teoria del caos “un minimo battito d'ali di una farfalla sia
in grado di provocare un uragano dall'altra parte del mondo”, così le piccole
azioni, nostre e altrui, possono incrementare il benessere in chi ci è accanto
ed avere dei riverberi o effetti a catena, in più relazioni e più ampi sistemi
viventi.
Dott.ssa Stefania Attanasi
Bibliografia
James. W. (1890), Principles of psychology, N.Y.C., Holt,
trad.it.: Principi di psicologia, Milano, Ed. Libraria, 1901.
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