mercoledì 30 settembre 2020

L’ AMORE A SENSO UNICO: QUANDO NELLE RELAZIONI NON SI È MAI CORRISPOSTI

Lacrime di Freya,  Anne Marie Zilberman
A chiunque può capitare almeno una volta di vivere l’esperienza di un amore non corrisposto, ovvero di sentire tutte quelle intense e struggenti emozioni per un altro/a che tanto si desidera nella propria vita ma che invece ci respinge o ci ignora…Quante ore passate a rimuginare sul perché l’altro non senta lo stesso amore e quante lacrime versate mentre si ascolta in loop quella canzone che tanto lo ricorda… Quando questo capita poi è inevitabile che ci si senta non riconosciuti nel proprio valore, che ci si percepisca più soli e che l’autostima, anche la più solida e importante, subisca un duro colpo.

I motivi alla base del rifiuto dell’altro possono essere molteplici: primo fra tutti, tanto banale quanto crudele, è proprio quello che recitava il titolo di un famoso film “La verità è che non gli piaci abbastanza”: ad esempio, se sei timida, lui preferisce quelle spigliate; se sei troppo loquace, lui ama i tipi misteriosi... 
Talvolta, il terribile rifiuto assume questa parvenza: “Saresti il ragazzo perfetto per me ma non sento quel qualcosa in più che mi spinge ad approfondire la relazione…” E qui il respinto di turno passerà notti intere ad interrogarsi sul senso della propria esistenza, cercando risposte negli astri o nei testi di fisica quantistica. 

All’origine del rifiuto dell’altro però possono esserci anche cause più complesse e non di immediata interpretazione. Ad esempio, l’innamorato può trovarsi davanti a qualcuno che ha deciso in modo fermo e consapevole di fare della solitudine una scelta di vita, spesso perché si sente inadeguato nel sostenere una relazione stabile con un minimo di progettualità. Sono le stesse persone che intrattengono anche più relazioni contemporaneamente a patto che restino superficiali e poco impegnative. In questo caso spesso può capitare pertanto che il donatore di amore a senso unico si accontenti delle briciole sparse qua e là, pur di non perdere l’oggetto amato, incastrandosi in una posizione relazionale sempre down caratterizzata da perenne insoddisfazione e sofferenza. 

Talvolta ci si può innamorare di qualcuno che non vive lo stesso momento di vita e non sente gli stessi bisogni della persona innamorata, ad esempio, perché totalmente assorbito dallo studio, dalla carriera o perché reduce da esperienze di coppia deludenti. Chi ha vissuto esperienze amorose molto dolorose, nello specifico, si ritrova spesso svuotato di energie e con una vita tutta da ricostruire. Ed in questo rifocalizzarsi completamente su di sè, la persona si chiude a nuove conoscenze ed esperienze. 

E ancora ci si può innamorare di persone già impegnate che propongono relazioni part-time nell’attesa del giorno in cui forse lasceranno il loro partner ufficiale… In questo caso il povero malcapitato può restare agganciato, anche una vita intera, a false illusioni e speranze di un amore che sarà un giorno possibile, accontentandosi di essere l’attore non protagonista della propria vita. 

Ma cosa fare per uscire da queste posizioni così infelici? Innanzitutto è necessario chiedersi: “Come mai è capitato proprio a me?”. E soprattutto, quando capita, quanto tempo si resta in questa posizione (...un mese, un anno, una vita intera?). 

Se dovesse succedere casualmente e di rado, non occorre costruirci su troppi castelli interpretativi: può capitare a chiunque di provare dei sentimenti per qualcuno e che questi non vengano ricambiati. In questo caso è sufficiente attendere che il tempo faccia fluire il dolore smettendo di rincorrere la persona amata e cercando di interporre con quest’ultima maggiore distanza. Arricchisce e completa questa soluzione il dedicarsi maggiormente ad amicizie, hobbies, passioni, aprendosi gradualmente al nuovo che verrà. 

Diverso è quando questo tipo di esperienze deludenti tendono a ripetersi ciclicamente e se pur cambiando di volta in volta l’oggetto del proprio amore lo schema resta sempre il medesimo: chi ama non è mai ricambiato. In questo caso è necessario fermarsi per comprendere il possibile significato profondo che soggiace a questo modo rigido e disfunzionale di vivere le relazioni. 

Nelle storie familiari dei donatori di amore a senso unico, infatti, possono riscontrarsi delle carenze affettive o peggio ancora dei maltrattamenti subiti che “intossicando” il proprio bagaglio affettivo, predispongono la persona a confondere l’esperienza dell’amore con quella del dolore. 

Le storie non corrisposte, in questo caso, sembrano così rimettere in scena, come fosse un rigido copione teatrale, quell’antica ferita che ancora sanguina e si rivela attraverso le stesse passioni tristi, abbandoniche e di vuoto di una volta
In questo caso potrebbe essere utile che l’individuo in questione intraprenda un percorso psicologico con un esperto, con l’obiettivo di esplorare queste antiche ferite, elaborarne il dolore connesso e cercare di co-costruire il senso che hanno rispetto alle proprie esperienze attuali. (Quale antico dolore la persona sta rivivendo? Quale ferita deve ancora cicatrizzarsi?) 

L’amore infatti dovrebbe portare gioia e benessere e non dolore e sofferenza. Ogni qualvolta c’è uno sbilanciamento nel verso della tristezza ciascuno di noi dovrebbe chiedersi cos’è che sta vivendo davvero…Forse è il dolore di un bambino che non ha trovato accolti i propri bisogni perché non era “mai abbastanza” per i propri genitori? O perché aveva dei genitori troppo impegnati in altro e quindi maldisposti verso la genitorialità? 

…E ancora, andando più in profondità, non ci si stupirebbe nel constatare che chi si crogiola negli amori non corrisposti sente il dolore come una zona comfort in cui si percepisce al sicuro perché lontano da un rapporto funzionale basato sulla presenza, sulla reciprocità, sulla stima, ecc. 

Se l’antica ferita non cicatrizza, infatti, difficilmente potrà permettersi un’esperienza diversa da quella infantile, ovvero una storia d’amore colma di gioia e concretezza. 



“Non smetteremo di esplorare. E alla fine di tutto il nostro andare ritorneremo al punto di partenza per conoscerlo per la prima volta.” 

T. Elliot 



Dott.ssa Stefania Attanasi









martedì 17 marzo 2020

Non siamo più potenti di un pipistrello


…Senza voler ricadere nell’esagerata interpretazione medievale della punizione divina (peste= flagello di Dio) è un dato di fatto che da quando siamo chiusi tutti in casa ed abbiamo interrotto la nostra irrefrenabile produttività a causa del Covid-19, dopo pochissimi giorni l'aria della Cina è meno inquinata, l'acqua dei canali di Venezia più pulita e le strade di Roma svuotate di rifiuti.


Anch’io mi sono fermata, e tra le cose belle fatte in questi giorni di isolamento, sono andata a ripescare un testo di G. Bateson, le cui parole potrebbero dare forse un senso a ciò che sta accadendo adesso al nostro pianeta:
"Le patologie dei processi sistemici insorgono proprio perché la costanza e la sopravvivenza di un qualche sistema più vasto vengono mantenute mediante cambiamenti nei sottosistemi costituenti". ("Verso un'ecologia della mente" 1972, p.390)
Con queste parole il noto biologo intende dire che quando un sistema vivente più ampio, come ad esempio l’ambiente in cui viviamo, è a rischio, la logica della natura sacrifica al cambiamento sempre i suoi sottosistemi più piccoli.  Secondo Bateson, infatti, la logica della natura è profondamente diversa e più complessa della semplice logica della sopravvivenza e dell’adattamento di una singola specie. E ancora aggiunge: “I maggiori problemi del mondo derivano proprio dalla differenza tra come funziona la natura ed il modo in cui gli esseri umani pensano.”


…Come noto a tutti, l'uomo esercita un'influenza sempre crescente sull’ecosistema in cui vive (sul clima, sulla temperatura, ecc.) con attività come la combustione di fossili, la deforestazione, l'allevamento intensivo di animali, ecc. Queste attività aggiungono enormi quantità di gas nell’atmosfera, provocando il surriscaldamento globale e da qui, a catena, lo scioglimento dei ghiacciai, l’innalzamento del livello dei mari, l’acidificazione degli oceani, la perdita di biodiversità, ecc.
Quasi certamente la natura possiede dei meccanismi interni autocorrettivi per autoproteggersi e resistere anche allo strapotere esercitato dall’uomo. Ma, in questa catena complessa di eventi in cui l’uomo costituisce solo un piccolissimo anello, chi può dire quale sia la causa e quale l’effetto di un fenomeno? In effetti nessuno è in grado ancora di conoscere le cause certe della pandemia e tante sono le speculazioni a riguardo. La percezione più diffusa però tra la gente è che il virus sia sopraggiunto come una sorta di punizione per le azioni poco etiche commesse dall’uomo sull’ambiente e sulle altre biodiversità. E’ forse troppo fantasioso pensare che questo virus sia giunto per fermare l’inarrestabile macchina umana e ristabilire certi equilibri naturali più “sacri” che l’uomo stesso osa sfidare da troppo tempo? Non siamo forse adesso costretti a ripensare al nostro modo di vivere, alle nostre abitudini, alla relazione che abbiamo con l’ambiente e con tutte le altre specie viventi? E mentre attendiamo dalla scienza una soluzione a questa pandemia, un vaccino o una cura, la stessa tecnologia non è in grado di fornire un numero sufficiente di respiratori per salvare tante vite umane. Come mai? Probabilmente nel momento in cui si producono gli strumenti o i medicinali utili, la preoccupazione dominante è quella degli introiti economici e non dell’eventuale fabbisogno.
L’irrefrenabile corsa alla produttività ed al consumismo dell’uomo porta a conseguenze importanti e gravi sull’ecosistema terreste, sulle biodiversità e sull’uomo stesso….

Questo virus sta certamente ricordando alla nostra specie l'infinita piccolezza e fragilità da cui siamo partiti nell'ambito delle biodiversità. E poichè non siamo stati in grado di stare dentro i limiti del rispetto per le altre specie che la natura ci aveva imposto, non come impedimento ma come  ulteriore possibilità di dimostrare la nostra grandezza, la natura stessa ci sta riportando alla condizione di fragilità iniziale.

Non siamo più potenti di un pipistrello, di un orso polare, di un albero, di un fiore, dell’aria che respiriamo, dell’acqua che beviamo.   


Dott.ssa Stefania Attanasi