venerdì 20 febbraio 2015

GENITORI COMPETENTI: AMARSI... PER AMARE




A conclusione di un mese dedicato al tema della genitorialità, attraverso i diversi seminari svolti in scuole e servizi presenti sul territorio romano, mi piacerebbe riportare alcune interessanti riflessioni circolate nei gruppi partecipanti.
Trattando i temi delle competenze e funzioni genitoriali, e cioè di quelle capacità e abilità che un genitore dovrebbe possedere per garantire un sano sviluppo al proprio figlio, spesso sono emersi da parte dei presenti l’ansia e l’affaticamento nell’adempiere all’enorme mole di lavoro che spetta ad un genitore quando si occupa dei propri figli, soprattutto nella fasi della propria vita in cui scarseggiano risorse ed energie personali. Parliamo, ad esempio, di semplice stanchezza o pressione lavorativa ma anche di eventi inaspettati e stressanti (separazioni, licenziamenti, lutti, ecc.) che fanno percepire l’essere genitore come un compito di cui non si è all’altezza. Pertanto si prova una sensazione di malessere, scaturita dai sensi di colpa, che quasi sempre attraversano la “carriera” di un genitore che si interroghi continuamente sul proprio operato.

Dalle riflessioni comuni si è spontaneamente pervenuti a ritenere di fondamentale importanza l’essere una persona competente, responsabile del proprio benessere e della qualità della propria vita, prima ancora di diventare un genitore competente, responsabile del benessere dei propri figli.  Prima che al genitore, quindi, occorre riservare attenzione alla propria persona di genitore, con i propri bisogni, relazioni, interessi, spazi e tempi, da coltivare e curare, tutti necessari per il  benessere psicologico di sé e degli altri con cui si è in relazione.
Chi lavora in quei settori dove il prendersi cura di qualcuno costituisce  un’ importante cornice entro cui svolge la propria attività (sanitario, sociale, educativo, ecc.), sa bene, infatti, quanto il proprio benessere sia una premessa fondamentale per poter esercitare al meglio le proprie funzioni, e ciò è ancor più vero per il mestiere del genitore, il primo e più importante lavoro di cura esistente.

Il prendersi cura di qualcuno, infatti, richiama subito al peso della responsabilità che si ha verso l’altro ed alla necessità di essere sempre all’altezza di tale responsabilità, con sentimenti di colpa verso di sé e facili giudizi negativi da parte degli altri quando si disattendono tali “sacrosante” aspettative. Ovviamente il carico della responsabilità che si ha verso qualcuno, ancor più se bisognoso di cure, è doveroso e intoccabile, ma diventa disfunzionale e rischioso quando la totale presenza all’altro è assenza verso se stessi, creando così un infruttuoso circolo di malessere all’interno della relazione.

Da qui la responsabilità che si ha, prima ancora verso gli altri, verso  se stessi, non come atto di mero egoismo, ma come un costruire quelle premesse necessarie per espandere benessere; partire da sé per arrivare ai figli come ai più ampi sistemi di relazione cui si appartiene. 
Vorrei citare, a sostegno di ciò, i numerosi studi sull’apprendimento per imitazione ormai accreditati (Bandura,1977; Vygotskij,1931; Buccino,Rizzolati e le ricerche sui neuroni a specchio,2014, ecc.), i quali sostengono che i primissimi apprendimenti del bambino avvengano, appunto, imitando le figure con cui interagiscono ed entrano in relazione sin dalla tenera età. Da ciò si può dedurre che un genitore che sta bene con sé stesso, anche inconsapevolmente, favorirà e creerà le condizioni per il benessere del proprio figlio, il quale, osservandolo, potrà imparare nel tempo l’importanza del proprio benessere e della sua precisa responsabilità di costruirlo nella propria esistenza.
Emblematiche,  a tal proposito, appaiono le parole di C. Serrurier (1992):

Non si diventa un buon genitore a pedate e frustate, sforzandosi alla virtù. La virtù verrà naturalmente in un genitore che sta bene nella sua pelle ed è contento della sua vita. Se il genitore è felice e disteso (anche se occupatissimo), il suo amore saprà espandersi e moltiplicarsi….
Crearsi per procreare… Piacersi, occuparsi di sé, valorizzarsi per avere la giusta distanza con i figli...
Ogni genitore farà meraviglie con i suoi figli nell’apprendimento della vita se si ama un po’, se si riconosce delle qualità, se le mette in opera, e se è sufficientemente fiducioso nel suo avvenire perché sa ciò che vale…
Si tratta, per i genitori, di ritrovare un senso alla vita, con o senza figli, prima e dopo i figli… si tratta di promuovere, ancora più che la passione del sapere, la passione di conoscere se stessi.”



                                                                                                                   Dott.ssa Stefania Attanasi


 


Riferimenti bibliografici:

-Bandura, Albert (1977), Social Learning Theory, Prentice Hall, Englewood Cliffs, NJ.
-Buccino, G., Vogt, S., Ritzl, A., Fink, G.R., Zilles, K., Freund, H-J., Rizzolatti, G. (2004). Neural Circuits Underlying imitation learning of hand actions: an event-related fMRI study. Neuron, 42, 323-334.
-Rizzolatti, G., & Arbib, M.A. (1998). Language within our grap. Trends in Neuroscience, 21, 188-19.
-Serrurier C. (1992), Eloge des mauvaises mères, Paris, Hommes e Perspectives.
-Vygotskij, L.S. (1931). Istorija razvitija vysših psichičeskih funkcij, in Sobranie sočinenij, vol. 3, Pedagogijka, Moskva [trad. it. Storia dello sviluppo delle funzioni psichiche superiori, (Veggetti, M.S., (Eds.), Firenze: Giunti-Barbèra, 1974].

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